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Laura Govoni

Meditazioni sulla panchina

 

 

 

 

Inaugurazione: sabato 3 settembre, ore 18.00

 

Apertura al pubblico: 3-27 settembre 2016

 

Porta degli Angeli,

Via Rampari di Belfiore, 1, Ferrara

 

 

 

Comunicato stampa

 

Con il Patrocinio del Comune di Ferrara, l’Associazione no profit EVART promuove l’arte di Laura Govoni che, nella personale allestita per la Porta degli Angeli, concentra la sua ricerca pittorica su un elemento quotidiano che talvolta passa inosservato ma che accompagna e segna la vita contemporanea. La panchina accoglie su di sè una serie sorprendente di significati e d’occasioni di riflessione sul tempo e sull’oggi.

 

La mostra verrà inaugurata alla presenza dell’artista sabato 3 settembre, alle ore 18. Interverrà il giornalista, scrittore e poeta Beppe Sebaste (www.beppesebaste.com ), autore del volume Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne (Laterza, 2013).

L’allestimento di Laura Govoni si completa di un video inedito di Alejandro Ventura

(www.alejandroventura.org ).

 

Orari di apertura

venerdì 16-19, sabato e domenica 10.30-12.30, 16-19

 

Possibilità di visite guidate su appuntamento.

Per info e prenotazioni  evartassociazione@gmail.com

Panchine & infinito. Per Laura Govoni
 

La panchina, oggetto poetico divenuto suo malgrado un oggetto sociale, sembra oggi insinuare nella nostra società alienata un elemento di grazia un po’ anarchica: basta sedervisi per uscire dal mondo dei consumi e accedere a un altrove. La panchina è simbolo di uno spazio liberato (sentirsi a casa nella propria città, senza per forza essere clienti di un bar) ma anche di un tempo liberato. Sedersi su una panchina incoraggia uno stato di coscienza che a torto, secondo i dettami miopi del neg-otium e del profitto a breve termine, viene considerato improduttivo.

C’è un capitoletto, in quel mio libro che è come un’opera jazz fatta di variazioni sul tema (le panchine, appunto), che è in realtà è un motivo ricorrente: l’infinito. Si può declinare in vari sensi, tutti equivalenti: quello del celebre sonetto di Giacomo Leopardi, che trasforma il qui e ora in una silenziosa immensità; quello della contemplazione, che può avvenire ovunque, anche alla fermata dell’autobus (contemplare significa “fare il proprio tempio”); o semplicemente il divagare trasognati, il sognare da svegli.

La pittrice Laura Govoni esprime nelle sue opere la consapevolezza di tutto questo. Nei suoi disegni come nelle sue grandi tele la forma classica della panchina, quella verde a onda, è manipolata fino a suggerire in modo quasi subliminale l’afflato e la beatitudine inseparabili dal desiderio di infinito. Un’utopia, forse, ma un’utopia come programma, come l’utopia umile della panchina, che sempre già si offre. Nelle morbide curve delle panchine di Laura Govoni ritrovo questo senso dell’utopia da abitare, insieme a tutto quello che mi piace trovare nell’arte e soprattutto nella pittura: fare vedere senza tradire l’invisibile, anzi preservandolo, e mantenendo intatta la propria soggettività. Ritrovo il gioco dell’apparire e scomparire (segreto di ogni poesia), che fin dall’antichità avviene privilegiando la tenuitas, lo sfumato, lo sfocato, l’indefinito, e tutti quegli elementi paradossali che per esempio dal Barocco (l’estetica più direttamente connessa con l’enunciazione  storica  dell’infinito)  s’innestano nell’arte contemporanea, soprattutto quella detta concettuale, che celebra l’invisibile e l’irrappresentabile come abito dell’infinito. In un certo senso, anche sedersi su una panchina è un po’ come sparire. Nelle tele di Laura Govoni è come se le panchine fossero tappeti volanti che ci invitano a vivere la realtà ordinaria nella sua bellezza, magia e meraviglia.

Anche se la pittrice non me l’avesse detto, avrei forse capito che le panchine sono state per lei un teatro dell’infanzia e dei giochi, ma anche luogo elettivo delle decisioni importanti della vita adulta. Alla fine però “tutto diventa panchina, ovvero diventa emozione che, in momenti di meditazione, si sedimenta, e come un bisogno primario chiede di farsi pennellata”. La panchina è il luogo di elaborazione dell’esperienza spirituale che si fa esperimento estetico, pittura, origine e meta del sogno, sua forma e proiezione, come la “stanza” nella poesia medievale, quella di Dante soprattutto. Io penso che alla fine non c’è nemmeno bisogno di una panchina per sedersi su una panchina, basta l’atteggiamento interiore, la disponibilità al semplicemente sedersi lì dove ti trovi (formula che è al cuore della meditazione Zen).

Ho scritto nel mio libro che ogni panchina ben situata è una piega del mondo, e insieme il centro dell’universo, e che starvi seduti è un privilegio regale. Per Laura Govoni, che non inserisce mai oggetti né figure umane nelle sue panchine dipinte, ci sono panchine che sembrano nastri di Moebius, altre che sembrano dissolversi in una nebbia, ma è il vissuto emozionale che ne decide la forma pittorica, se per esempio “si fletterà o si spezzerà, se diventerà una quasi onda o una quasi culla”. So che Laura Govoni è attualmente impegnata, tra l’altro, a dipingere delle serie di “scarpe verdi”, la cui simbologia ecologica è abbastanza evidente. Io le immagino deposte ai piedi di una panchina vuota, verde, simbolo anch’essa di un passeggiare da fermi, vagabondaggio dell’anima.

 

Beppe Sebaste, agosto 2016

Laura Govoni

Laura Govoni (Ferrara, 1961) vive e lavora a Ferrara. Laureata all’Accademia di Belle Arti di

Bologna, ha accompagnato la professione della docenza alla passione e alla ricerca artistica. Sta esordendo in questi anni in mostre colletive e personali a Ferrara, Roma e Torino con diversi appuntamenti annuali.

EVART – Associazione no profit per l’arte e la cultura

Via Carlo Mayr, 9a, 44121, Ferrara T. 347 244 1042 t. 335 383 915

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